Don Giuseppe Puglisi nasce nella borgata palermitana di Brancaccio il 15 settembre 1937, figlio di un calzolaio e di una sarta, e viene ucciso dalla mafia nella stessa borgata il 15 settembre 1993, giorno del suo 56° compleanno. Don Giuseppe voleva recuperare i ragazzi reclutati dalla criminalità, riaffermando nel quartiere una cultura della legalità illuminata dalla fede. Ci stava riuscendo giorno per giorno, per questo è diventato una persona scomoda.
Dalle sue parole possiamo capire molto del tipo di persone che era:
“Saper ascoltare il fratello significa andare oltre le parole per entrare nel mondo interiore dell’altro e apprezzare le cose dal suo punto di vista, entrare nel cuore dell’uomo. Al fratello bisogna dare e chiedere quanto è necessario per aiutarlo. La capacità di accogliere e comprendere i fragili e i delicati frammenti interiori che un individuo trasmette incoraggia ad esplorare il suo mondo e a trasformare la sua paura in libertà, la disperazione in speranza , la solitudine in condivisione”.
“Dio ci ama, ma sempre tramite qualcuno”.
“Temiamo la sofferenza, la malattia, la povertà, la miseria, però potremmo dire che la sofferenza più grande è quella di essere soli. Essere soli, senza nessuno che ci ama è la cosa peggiore”.
“Credo a tutte le forme di studio, di approfondimento e di protesta contro la mafia. La mafiosità si nutre di una cultura e la diffonde: la cultura dell’illegalità. La cultura sottesa alla mafia è la svendita del valore della dignità umana. E i discorsi, la diffusione di una cultura diversa sono di grande importanza. Ma dobbiamo stare molto attenti che non ci si fermi alle proteste, ai cortei, alle denunce. Se ci si ferma a questo sono soltanto parole. Le parole vanno convalidate dai fatti”.
“L’azione dei volontari e delle suore del centro “Padre Nostro” deve essere un segno. Non può trasformare l’ambiente, questo non ce lo possiamo permettere neppure come illusione. E’ soltanto un segno per cercare di dare un modello di comportamento, per spingere le autorità a fare il loro dovere. Non per risolvere i problemi del Brancaccio. Se ognuno di noi fa qualcosa, allora si può fare molto”.
“Mi rivolgo ai protagonisti delle inutili intimidazioni che ci hanno bersagliato. Parliamone, spieghiamoci, vorrei conoscervi e conoscere i motivi che vi spingono a ostacolare chi cerca di educare i vostri figli al rispetto reciproco, ai valori della cultura e della convivenza civile”.
“Nessun uomo è lontano dal Signore. Il Signore ama la libertà, non impone il suo amore. Non forza il cuore di nessuno di noi. Ogni cuore ha i suoi tempi, che neppure noi riusciamo a comprendere. Lui bussa e sta alla porta. Quando il cuore è pronto, si aprirà”.
Molti lo definiscono un eroe per caso. E' morto come ha sempre vissuto, cioè aiutando gli altri. Possono aver ucciso il suo corpo ma non certo le sue idee, che ancora oggi vengono portate avanti da chi ha avuto la fortuna di conoscerlo.
Guardate questo filmato dove Ficarra e Picone hanno voluto, in modo speciale, ricordare Don Giuseppe Puglisi.
Se hai avuto la fortuna di conoscerlo e vuoi condividere con noi ciò che Don Puglisi ti ha lasciato, mandami un e-mail; riporterò la tua esperienza nel blog.
Grazie per aver avuto la pazienza di "ascoltarmi"; è stato bello chiacchierare con te!
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