domenica 6 luglio 2008

Siete davvero pronti per le vacanze? Attenzione ai falsi miti dell'estate

 

Arriva l'estate e con questa il caldo, il sole e le vacanze fuori città. Tutti pensano di sapere come affrontare al meglio la stagione e le sue caratteristiche: in realtà spesso ci si affida a convinzioni errate o a leggende popolari. Ecco le più diffuse.

Sole, scottature e abbronzatura, qual è la verità?
La parte del leone nei falsi miti dell'estate la fanno sicuramente abbronzatura e scottature. Una tra le più curiose credenze popolari a questo riguardo è quella secondo cui una volta che ci si è scottati la cosa migliore da fare sia spalmare un po' di burro o di olio sulla pelle colpita. Niente di più sbagliato: le sostanze grasse intrappolano il calore e quindi l'effetto su una scottatura è quello di peggiorarla; inoltre possono provocare irritazioni ed infezioni. La cosa migliore sarebbe prevenire le scottature esponendosi al sole in maniera graduale ed utilizzando filtri solari con un fattore di protezione adeguato, che permettono un'esposizione maggiore prima che compaia un eritema.
Se è tardi per recriminare e una lieve scottatura già è comparsa, la prima cosa da fare è sottoporsi a impacchi di acqua fresca, ma non ghiacciata, per alleviare il dolore e spalmare abbondantemente sulla zona una buona crema dopo-sole. Se l’infiammazione della pelle è più seria sarà invece opportuno chiedere al medico se è necessaria una crema più specifica o una terapia aggiuntiva. Se il dolore è intenso e si accompagna a febbre si può ricorrere agli analgesici di uso comune, come ad esempio il paracetamolo. Fino a completa guarigione, poi, non bisogna esporsi nuovamente al sole ed è consigliabile bere molti liquidi.
Inoltre, le scottature non diventano abbronzature e non è, come molti pensano, necessario scottarsi per ottenere la colorazione ambrata più desiderata. Una scottatura provoca soltanto un danno alla pelle (non solo immediato ma anche a lungo termine), arrossamenti e soprattutto - una volta in via di guarigione - la desquamazione degli strati superficiali di pelle con un conseguente bell'effetto a pelle di leopardo anziché un'abbronzatura omogenea. Il discorso delle creme solari vale poi per tutte le pelli, non solo per quelle chiare. Se è vero che queste ultime si scottano più facilmente e hanno bisogno di filtri solari molto forti non è altrettanto vero che quelle più scure, di fototipo 4, non hanno bisogno di utilizzare protezioni. I raggi UVA non sono particolarmente schizzinosi e, dove possono, colpiscono. Esistono creme apposite con un filtro solare adeguato ad ogni tipo di pelle. Per quanto riguarda i capelli, anche qui occorre demolire una leggenda metropolitana: le creme sunscreen non funzionano sui capelli. È bene invece utilizzare un balsamo per creare uno strato protettivo tra capelli e e raggi solari ed utilizzare prodotti specifici dopo sole per la riparazione e rivitalizzazione. Un bel cappello non guasta, anzi è d'obbligo.
Ma non è tutto: altre voci popolari mormorano che i bambini al di sotto dei sei mesi non devono usare le creme solari. La verità è che i bimbi di quell'età non dovrebbero mai essere direttamente esposti ai raggi solari perché si scottano molto facilmente. Quindi, a spasso sotto il sole, i piccoli dovrebbero indossare pantaloni molto leggeri e magliettine anche queste leggere e, sempre, un cappello. Inoltre circa trenta minuti prima di uscire è meglio applicare un sottile strato di crema con un fattore di protezione elevato.

Come muoversi tra insetti, animali e piante velenosi?
Passando più tempo all'aria aperta è più facile fare “brutti incontri”: insetti, piccoli animali, piante urticanti. Alcuni pensano addirittura che le irritazioni dovute a questi incontri siano contagiose; naturalmente non è affatto vero, il malcapitato può essere consolato e medicato senza timore di contagio. In ogni caso, quando si va nei boschi o nei prati è buona regola indossare scarpe chiuse, indumenti leggeri ma lunghi e cappelli. Talvolta infatti può succedere che un insetto troppo curioso colpisca proprio quella zona lasciata scoperta.
Quando si è punti da un insetto il primo istinto è quello di estrarre il pungiglione rimasto nella pelle o grattarsi la zona colpita. Entrambe queste azioni vanno evitate: alcuni pungiglioni, infatti, se non estratti con attenzione possono spezzarsi, inoltre si corre il rischio di 'spremere' dentro la ferita una maggiore quantità di veleno. Anche grattarsi favorisce l'entrata in circolo del veleno e amplia l'irritazione. È preferibile lavare con acqua fredda la zona punta per alleviare il dolore e fare un piccolo impacco con il ghiaccio per rallentare l'assorbimento del veleno. Da evitarsi sono gli impacchi di ammoniaca, che può avere un effetto ustionante anche se diluita. Se il dolore e il gonfiore durano più di due o tre ore è opportuno chiedere il consiglio di un medico. Nel caso in cui la reazione alla puntura d'insetto fosse più violenta e generalizzata e l'infortunato presentasse sintomi quali pallore, sudorazione intensa, vertigini, difficoltà respiratorie, comparsa di chiazze e rilievi cutanei simili alle manifestazioni dell'orticaria, sarà necessario l'intervento medico urgente.
Un altro brutto incontro, per quanto non particolarmente frequente, potrebbe essere quello con una vipera, l'unico serpente velenoso presente in Italia. Si tratta di un animale che non inietta veleno tutte le volte che morde, ma solo una su tre, ed oltretutto tende a non attaccare se non quando viene disturbato. Per evitare di incappare in una vipera è comunque opportuno non camminare in silenzio ma facendo qualche “rumore di avvertimento” e non mettere le mani tra i sassi, soprattutto se in zone assolate e calde. Scarponcini e scarpe alte alla caviglia proteggono le zone di maggiore “appetibilità”. 
In caso di morso, non occorre trasformarsi in John Wayne: incidere la ferita e tentare di succhiare via il veleno non è di aiuto per nessuno ed è il modo migliore per essere infettati a propria volta. La cosa migliore da fare è tenere calma la persona morsa e lavare abbondantemente la ferita. In secondo luogo occorre un bendaggio molto stretto al di sopra del morso (se la parte colpita non è un arto, il bendaggio deve cercare di comprimere al massimo la ferita) per rallentare il più possibile la diffusione del veleno. In secondo luogo si deve cercare di tenere la parte morsa sempre più in basso del cuore e soprattutto si deve immediatamente chiamare soccorso. Non si deve muovere o far camminare l'infortunato in quanto qualsiasi movimento favorisce l'entrata in circolo del veleno. Tentare di iniettare da soli il siero antivipera non è consigliabile, meglio lasciar fare al medico.

E in mare?
In mare il rischio potrebbe essere quello di essere toccati dai tentacoli di una medusa. Fortunatamente nei nostri mari le meduse non sono particolarmente pericolose e il loro tocco provoca di solito una reazione allergica al veleno che può essere molto fastidiosa ma può anche essere molto lieve. Strane leggende delle località turistiche di mare sembrano volersi prendere gioco dei bagnanti forestieri raccontando che il rimedio migliore contro la puntura di una medusa sia farci la pipì sopra. Ciò che serve per contrastare la reazione è infatti una sostanza un po' acida, ma poiché non tutti hanno urine acide questa penitenza oltre che sgradevole può rivelarsi inutile. Altri rimedi popolari non corretti sono ammoniaca, aceto e limone. Cosa fare dunque? In ogni caso non strofinare occhi e bocca e non lavare la parte interessata con acqua dolce, perché potrebbe favorire la produzione di neurotossine, ma eventualmente con acqua di mare. Da evitare anche l'applicazione di acqua, ghiaccio o alcol e il grattare o strofinare la parte irritata poiché si favorisce la circolazione della sostanza tossica.
Il rimedio migliore sembra essere l'applicazione di gel astringente al cloruro d'alluminio poiché lenisce il prurito e arresta la diffusione delle tossine. L'azione di pomate cortisoniche o antistaminiche si manifesta invece dopo circa mezz'ora dall'applicazione quando la fase acuta è già passata. In ogni caso prima di utilizzare qualsiasi tipo di farmaco è opportuno sottoporsi ad una visita medica.

Altri consigli utili?
Ci sono poi piccole credenze popolari che riguardano altri e diversi problemi che possono sorgere in estate. Uno dei più comuni riguarda l'epistassi, o sanguinamento dal naso, che è favorita dall'aria calda e secca e che colpisce frequentemente i bambini. Sapere comune vuole che chi è colpito da questa disgrazia debba immediatamente buttare la testa indietro il più possibile. In realtà non è così, la testa (e anche il busto) deve essere mandata in avanti. 
Per arrestare l'emorragia occorre premere per cinque-dieci minuti il naso subito sopra la parte morbida possibilmente tamponando allo stesso tempo con del ghiaccio. Se, quando si rilascia il naso trascorsi dieci minuti, l'emorragia ancora non si è arrestata l'operazione va ripetuta. Se l'emorragia non cessa è opportuno recarsi al pronto soccorso o rivolgersi ad un medico. Non introdurre nel naso garze o pezzi di cotone che, legandosi ai coaguli, potrebbero essere causa di nuove emorragie in seguito alla loro rimozione. Nei giorni successivi, applicare una piccola quantità crema emolliente per idratare la mucosa ed evitare irritazione o secchezza. È bene evitare l'esposizione al caldo e al sole per alcuni giorni, soprattutto se l'emorragia è stata indotta da questi fattori, o anche sforzi troppo intensi.
Una particolare "leggenda" popolare, tipica del periodo estivo, alla quale sembrano credere molti bambini è quella secondo la quale se inghiottono semi di cocomero presto una piantina crescerà nel loro stomaco. Non solo è bene rassicurarli del contrario ma, per quanto opportuno raccomandare al piccolo di non ingoiare i semi, il genitore non si deve spaventare se ogni tanto capita. Il rischio di un danno dovuto ad un seme così piccolo è basso e anche una possibile irritazione dell'appendice con conseguente appendicite è poco probabile. I benefici di questo frutto in termini di vitamine e idratazione sopravanzano di parecchio i rischi, che è bene essere pronti ad affrontare ma senza eccessiva apprensione. 
A cura di Caterina Visco
©
Il Pensiero Scientifico Editore

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